mercoledì 18 gennaio 2012

Per chi affonda la Concordia

L'eroe e il vigliacco. 
L'Italia che affonda e quella che si sforza di restare a galla. 
Il dovere e la paura. 
Coscienza e istinto. 
Bulli e vittime.

Chi siamo noi?

In questi giorni il grande tema che appassiona l'Italia ruota attorno a una tragedia spettacolarizzata, il Titanic cent'anni dopo che torna a far parlare di sé, una grande piéce teatrale che abbaglia e sconvolge da quanto è ben realizzata, perfetta in ogni dettaglio. L'eroe e l'antagonista alla ribalta sotto i riflettori di un Paese che, appassionato e appassionante, ama da sempre farsi coinvolgere in risse e dispute a qualunque livello. Al bar, tra politologi da tavolino e calciofili d'esperienza, nei riciclatissimi programmi televisivi - che siano tribune elettorali o reality show -, e soprattutto nelle vicende di cronaca, che ci piace tanto più è nera. 
Chi non si è fatto morbosamente prendere un po' la mano dalle inquietanti storie che hanno puntato impietosi fari su paesi insignificanti come Avetrana o Brembate, cercando dettagli scabrosi e ricostruendo in cuor suo la "vera" vicenda? Inutile fingere: tutti lo facciamo. 
Ci serve: è un macabro rituale che ci mette la coscienza a posto e, in un periodo in cui le parole d'ordine sono "crisi", "crollo", "tasse", ci riequilibra e ci trova un posto in un mondo che tutto sommato riconosciamo ancora come il nostro, perché si fonda nonostante tutto sugli immutabili concetti di Bene e Male.

E cosa c'è di meglio di una vicenda in cui Bene e Male sono esplicitamente impersonati da due protagonisti perfettamente inquadrati nel loro ruolo? Il comandante vigliacco, quello che mette a repentaglio la vita di migliaia di persone per una sboronata, quello con gli occhi azzurri ma lo sguardo sfuggente, i capelli disordinati e quella voce al telefono così stridula e platealmente falsa. Il tipico italiano codardo. Non so, fosse una fiction all'italiana ci vedrei bene un Christian De Sica.
E dall'altra parte il buono, l'uomo integerrimo di saldi principi morali, con la voce salda e maschia, quello che passa dal gergo marinaresco a un ordine appassionato che di ufficiale ha ben poco, un bel viso pulito e ordinato che nasconde un animo da lupo di mare. Eroico, naturalmente. Ci metterei Accorsi, con quell'aria un po' da sex symbol involontario.  

E' tutto un cinema no?
Perché la tribuna del giorno è una pioggia di urla e pollici versi nei confronti del cattivo, che deve morire e fare possibilmente una fine atroce sbranato nella fossa dei leoni, in pochi piangerebbero. Su Facebook la crudeltà non ha limite. Lo chiamano bastardo, uomo di merda, mostro. 
Gli augurano di impiccarsi. 
Il signor De Falco invece è osannato come un eroe, anche se ora molti tendono a ridimensionare la faccenda: insomma, lui ha fatto semplicemente il suo dovere. 
Come è stato sottolineato da più parti, è inquietante quanto bisogno abbiamo di onestà e competenza sul lavoro in un momento in cui furbetti e raccomandati sembrano i padroni del Paese. 


Quello che vedo io, è un Paese disperatamente aggrappato alla figura del buono e corretto signor De Falco come immagine da promuovere nel mondo: noi siamo De Falco, mica Schettino. Quello non lo vogliamo manco morto, quello non ci rappresenta.

Eppure per chi ci guarda dall'estero noi siamo un po' Schettino. Ci piaccia o no. Siamo gente di buon cuore, ma spesso ciarlatani chiassosi e pigri. Piccoli o grandi imbroglioni, da quelli che non pagano il biglietto del tram agli evasori fiscali. 

E noi ci ribelliamo, aggrappati a una figura che per tragica fatalità è finita sotto i riflettori, portandola ad esempio e dicendo: "Vedete? Vedete? Questo è un vero italiano, credeteci". Aiutateci
Siamo un paese che affonda, e abbiamo un disperato bisogno che ci sia un De Falco da qualche parte che dica allo Schettino di turno "Vada a bordo, cazzo!", che dimostri che siamo un Paese che può ancora avere un ruolo nella storia, nella vita del mondo, che non verrà lasciato annegare nel suo circolo vizioso dell'incompetenza e dell'esibizionismo che, volenti o nolenti, ci rappresentano.

Ma non accanitevi più, vi prego. E' disumano.