lunedì 28 aprile 2014

Tirana dalla N alla Z

Un paio d'anni fa ho scritto due post in forma di "glossario" in cui per ogni lettera riportavo una parola per me significativa della mia vita in Germania. Per pigrizia e calo d'ispirazione avevo abbandonato il progetto a metà, ma stasera ho deciso di concludere le lettere rimanenti adattandole però al mio nuovo viaggio in Albania.
Eccovi dunque, dopo Ein Jahr ist vorbei (parte prima e parte seconda), Tirana dalla N alla Z! 

N come NEVE - E' inutile, credo che ormai si tratti di destino, karma o più semplicemente sfiga colossale. Non importa che prima di partire tu abbia controllato ossessivamente il meteo che prometteva tre settimane di sole e caldo quasi estivo, non importa che Tirana sia alla stessa altezza di Bari e che quindi fosse ragionevole presupporre temperature miti e soleggiate, non importa che la tua fiduciosa valigia fosse piena di sandali e t-shirt: la bianca stronza ti seguirà comunque, regalandoti brividi di gelo a fine aprile, lasciandosi ammirare sulla cima delle montagne poco distanti da Tirana, lanciandoti occhiate languide nel suo immacolato candore. Maledetto freddo, e io che ho portato pure la crema solare. 

O come OGGI - A che serve preoccuparsi per il futuro? A che serve programmare? Qui si vive alla giornata, non si fanno progetti a lungo termine soprattutto per le piccole cose quotidiane. Ordini il pesce al ristorante? Mezz'ora dopo vedi arrivare un cameriere col sacchetto del mercato e quattro pesci freschi appena comprati, pronti per essere messi sulla griglia. Ti sei dimenticato di prendere lo spazzolino e te ne accorgi solo dopo cena? Un negozio aperto si trova sempre anche di sera, non c'è da preoccuparsi troppo. 

P come PËRSHËNDETJE - Che sarebbe "ciao", e dà l'idea di quanto difficile sia la lingua albanese!! E' una delle quattro parole che ho imparato (insieme a buongiorno, grazie e arrivederci), ringraziando ogni giorno che quasi tutti gli albanesi parlino senza problemi l'italiano.

Q come QOFTE -  che si legge Ciòfte, e sono delle polpettine poffose* buonissime in un sughetto buonissimo cotte in una ciotola di terracotta nel forno a legna. Mi viene fame solo a pensarci, ed è uno dei motivi per cui Tirana non è completamente da buttare.

R come RISCHIO - Leggasi il capitolo sul tentativo di creazione di un superuomo da parte dei tiranesi: salto del tombino, slalom tra gli ostacoli, schivata dell'autobus impazzito e corsa della morte altrove nota come attraversamento pedonale sono sport in cui gli albanesi competono ad alti livelli. 

S come SIGARETTE - Ma lì c'è scritto "No smoking!". Segue grassa risata.

T come TAXI - Ne ho presi due. Sul primo mi sono sentita protagonista di un rally mozzafiato all'insegna dello sprezzo per il codice della strada, sul secondo ho imbastito una conversazione in italiano con un tassista che parlava solo albanese che ha cercato di appiopparmi il suo figliolo fisarmonicista come fidanzato a sorpresa.

U come UGOLA - Sarà anche registrata, ma la voce del muezzin che si diffonde dagli altoparlanti delle moschee ha un fascino incredibile...Siamo vicini a casa tutto sommato, ma per noi quella litania apre immediatamente nell'immaginazione uno squarcio d'Oriente misterioso.

V come VERDURA - Non ce n'è per nessuno, signori. Non dimenticate che vivo in Germania, dove indipendentemente dalla forma e dal colore la verdura ha sempre lo stesso sapore triste e indefinito! Non sono mai stata una verdurofila ma qui tutto ciò che nasce dalla terra e dagli alberi ha un sapore eccezionale, capace di convertire la più convinta carnivora come la sottoscritta in una simpatizzante entusiasta di zucchine e spinaci!! 

Z come ZOPPA - Ovvero la sottoscritta, che dopo due intense settimane di lavoro aspettava con ansia gli ultimi giorni liberi, già programmati e intensamente pregustati per gironzolare liberamente alla scoperta delle bellezze nascoste nei dintorni della città. Non ho fatto nemmeno in tempo a raggiungere il primo bus che doveva portarmi a visitare una bella località fuori Tirana: uno strappo inatteso e ampiamente maledetto in questi giorni mi ha costretta all'immobilità forzata! Non mi resta che sognare i posti che non ho visto e che immagino bellissimi e ricchi di storia e folklore...e attendere il prossimo viaggio in terra balcanica!

Mirupafshim, Tirana!

Entrare in un negozio e farsi mettere in mano una chitarra dal proprietario,
che attacca O sole mio col mandolino: fatto! (da mio papà) Only in Tirana :)



*aggettivo preso dal blog di Tegamini, entrato immediatamente nel mio vocabolario.

domenica 20 aprile 2014

Al mercato

Tirana - Il mercato
Non ne potevo più di stare tappata al chiuso.
E' domenica, è festa: devo assolutamente uscire e approfitto della pallida occhiata di sole per calarmi nei miei panni preferiti, ovvero quelli dell'esploratrice spaesata.
Cosa c'è di più bello che camminare a caso per ore immergendosi in una città nuova, senza meta, senza guida, senza mappa e - non vale barare - senza wi-fi?
Persino questa città riacquista del vago fascino, se guardata con distacco.
Nonostante la fanghiglia, il traffico incessante (è la domenica di Pasqua ed è mezzogiorno, togliete i vostri culi dalle macchine porca miseria!!), il rumore e le abitudini discutibili di una città che ancora dopo due settimane fatico a comprendere, la gioia di girovagare mi pervade ed è immensa.
La cosa bella è che qui nel centro di Tirana c'è sempre mercato. Legale, illegale, sotto banco, per passaparola...E' lo stesso. La piazza del mercato brulica di colori e odori, il profumo della frutta fresca si mescola con l'odore acre del tabacco e altre puzze non meglio identificate, le voci alte dei venditori si intrecciano in una melodia incomprensibile ed irresistibile, contrappuntate dal cinguettio delle gabbie degli uccelli in vendita e dall'uggiolare dei cuccioli rinchiusi, nella triste attesa di essere comprati ed amati.
Il mercato è un posto affascinante.
Vorrei curiosare tutto, annusare e toccare tutto, chiedere e fotografare tutto ma non posso: capisco bene che non sia usuale qui vedere una straniera aggirarsi al mercato da sola, e nonostante la gentilezza di molti la sensazione di avere dei riflettori puntati addosso con la scritta "pollo da spennare" non mi abbandona.
Ci sono tanti prodotti ignoti, e sono attratta da un cesto pieno di sassolini neri (riso? semi? frutta secca?) e da vere e proprie montagnole di striscioline bianche (crauti? spaghetti? vermi?), ma non appena il mio sguardo indugia un secondo di troppo in cerca di un indizio, le tre donne sedute sul marciapiede raccolgono i loro fazzoletti pieni di vermicelli bianchi e me li porgono cercando di imbonirmi in albanese.
Cosa vorranno? Convincermi della freschezza, propormi ricette, farmeli assaggiare? Mi limito a sorridere e a fare un cenno con la testa andandomene. Dannazione, adesso voglio sapere cos'è!
Adotto una nuova tattica: cammino veloce tra le bancarelle lanciando occhiate precise da massaia consumata, come se sapessi benissimo cosa sto cercando e dov'è; vedo tante cose sfuggendo allo sguardo catalizzatore dei venditori e mi allontano, proseguendo la mia passeggiata. Ma poi torno, ripetendo il giro all'inverso: adesso so cosa guardare, e cerco di carpire maggiori indizi prima di andarmene. E infine, al terzo giro: ah-AH! Kadaif! Una delle donne del marciapiede ha messo un cartellino scritto col pennarello davanti alla sua montagnola di vermicelli, e io esulto grata di quella scoperta: mi annoto la parola, e una volta tornata in albergo scopro che è quella specie di pasta-paglia che viene ricoperta da sciroppo di zucchero o miele e si usa sui dolci tipici della cucina mediorientale e balcanica. Fico!

Kadaif

Dopo un'ora di camminata però i miei polmoni implorano pietà: la cappa di smog è asfissiante dato che non piove, e comincio ad avere una vaga sensazione rantolante che preferirei rimandare a quando avrò novant'anni.

giovedì 17 aprile 2014

Sguardi

Tirana

Oggi ho scoperto un nuovo tipo di imprenditorialità. 
In mezzo alle decine di uomini intenti nel loro ciondolare quotidiano sulle panchine della piazza, la mia attenzione è stata attirata da uno di questi diverso dagli altri. Solo apparentemente indolente e sfaccendato, perché ha reinterpretato il concetto di guadagno in modo creativo: si è portato appresso la bilancia del bagno e l'ha posata ai piedi della sua panchina con tanto di cartellino del prezzo per pesarsi. Chi, passeggiando per la città, non ha mai sentito l'impellente bisogno di verificare che la propria massa corporea non abbia subito modifiche nel tragitto casa-panchina? Per soli 20 lek questo nuovo imprenditore di se stesso appaga il desiderio del pingue passante come della modella anoressica di accertare il proprio peso senza il fastidio di dover tornare a casa a fare i conti con l'odiata bilancia. In più la sua era così malridotta che in caso di insoddisfazione sul proprio peso si può sempre affibbiarle la colpa senza rimpianti.

domenica 13 aprile 2014

Adattamento - o di come non soccombere a Tirana

Caution! Post ad alto tasso ironico (ma non troppo) e polemico (ma non troppo). Astenersi permalosi, ipocriti e negazionisti. Maneggiare con cautela.

  • Regola d’oro per la sopravvivenza. Se non vuoi morire giovane, non attraversare mai le strade.
  • Essere pedone è una sfida alle convenzioni sociali. Se proprio devi attraversare una strada, attaccati ad un autoctono e buttati tra le macchine quando lo fanno loro: devono avere una passiva di intangibilità o qualcosa del genere, perché riescono sempre a sgusciare nel traffico come se fosse normale.
  • Simpatiche lucine. Spie luminose e sonore dell’auto sono simpatiche decorazioni che allietano la permanenza in taxi. Il tassista non mette la cintura, anche se i comandi dell’auto imperterriti continuano a fare deng deng deng e la spia luminosa lampeggia disperata, perché i due eventi non sono evidentemente correlati.
  • Voglio una vita spericolata. Il tassista alla fine decide con slancio creativo di mettere la cintura mentre con l’altra mano manda un sms e contemporaneamente imbocca una rotonda senza guardare a sinistra.
  • La strada e le sue regole (1). Non ci sono regole
  • La strada e le sue regole (2). Le precedenze non si rispettano, si interpretano.
  • La strada e le sue regole (3). La guida è creativa, una forma d’arte che come tale non va limitata né vincolata a regole. L’estro del tassista è sacro.
  • La poesia del quotidiano. Le frecce sono un accessorio del clacson. Il clacson è un mezzo di espressione e comunicazione, e come non può esistere il divieto di espressione, non si può pretendere di limitare l’uso del clacson. Sarebbe una lesione di diritti umani.
  • Vita sociale. La conversazione e lo scambio di idee sono fondamentali. Ogni posto è buono per fermarsi a scambiare due chiacchiere: il centro di una rotonda o una corsia di emergenza sono spazi aperti al confronto e al dialogo.
  • La legge si infrange per tutti. Come quelle della strada, anche le regole di comportamento vanno interpretate. Le leggi ci sono, e tutti le conoscono e le tengono ben presenti così da poterle infrangere con consapevolezza: il cartello “vietato fumare” è più che altro un accessorio da bar al pari del frigo o della macchinetta del caffé, niente di più.
  • Creazione del superuomo. Il traffico è chiaramente un problema che non sussiste. Il continuo afflusso di macchine favorisce la selezione naturale e la sopravvivenza degli individui geneticamente modificati compatibili con il luogo: polmoni foderati di catrame, udito bionico che supera la barriera di rumore, supervista resistente al fumo e allo smog. Le frequenti buche nei marciapiedi e tombini aperti non segnalati garantiscono la sopravvivenza ai soli individui dotati di acume, attenzione e vigore atletico, assicurando così la continuazione della specie di superuomo in grado di sopravvivere a queste latitudini.


mercoledì 9 aprile 2014

Inizia il viaggio! Chiacchiere da aeroporto...

Ed ecco che ritornano le avventure sparse di una musicista in viaggio!

Periodicamente mi torna la voglia di tenere un diario pubblico delle mie avventure a zonzo; so bene che è un progetto inesorabilmente destinato al fallimento o a una prematura fine causa incostanza della sottoscritta e/o sopraggiungere di nuove e mirabolanti idee altrettanto destinate al fallimento o a una prematura fine causa incostanza della sottoscritta e...eccetera.

Ma mi sono chiesta: e allora? Quando mi scappa la voglia di scrivere, non la tengo proprio.

Ovviamente scrivo per lo più scrivo cazzate, ma dato che è statisticamente provato che scrivere cose intelligenti aizza altri intelligenti ad aprire dibattiti non richiesti su qualunque argomento, che sia la deforestazione dell'Amazzonia o la ricetta della polenta uncia, ci rinuncio in partenza.

La voglia di scrivere e condividere i miei appunti -non richiesti- mi viene soprattutto quando sono in viaggio. E’ naturale, credo: siamo sempre portati per natura a confrontare abitudini, cercare stranezze e riferire aneddoti.

Oggi scrivo dall’aeroporto di Vienna: un superaccessoriato mega aeroporto dove passerei senza problemi tutta la giornata: ai gate oltre che le normali sedie troneggiano poltroncine e divanetti dove ci si può sdraiare, angoli con scrivania e separé per i computer addicted (guess who), prese di corrente ovunque per ricaricare telefoni e macchine fotografiche. E vorrei (AIUTO), vorrei veramente avere dei bambini per andare a giocare nella zona family, dove c’è un divano rotondo gigante, una parete intera con i cartoni, tappeti colorati e tavoli per disegnare!!
Se non fosse stato per la poliziotta acida che mi ha malamente apostrofato in lingua polaccungarica (mi rifiuto di credere che quello fosse austriaco, mi rifiuto) mi sarebbe sembrato di entrare in un centro commerciale superchic, ma più pulito, ordinato e con meno folla.
Le mie tre ore di attesa tra un aereo e l’altro sono così scivolate piacevolmente, impreziosite da una pausa pranzo con panino alle olive molliccio da otto euro annaffiato con acqua d’annata Evian da sei euro - il che mi ha ricordato la colazione da sceicco arabo (caffé e brioche, forse fatta con latte di dodo) pagata qualche ora prima a Lipsia.


Lipsia, l’aeroporto più desolato del pianeta. In realtà è bellissimo: intanto perché è a 15 minuti da casa, e poi perché è nuovo, scintillante e superefficiente. Solo che non c’è mai nessuno. Tanto che non hanno nemmeno ritenuto utile aprire un duty free, o un barettino o un giornalaio: una volta passati i controlli, sei loro prigioniero. Hai sete? Ca**i tuoi, dovevi pensarci prima. E ma l’acqua non me la fanno passare ai controlli...Ca**i tuoi uguale. Stamattina alle 6 poi il traffico passeggeri era talmente intenso che ogni singolo addetto ai controlli ha attaccato bottone con me con i pretesti più disparati. Tenerissimo il tizio che doveva solo controllare la carta d’imbarco per l’accesso ai nastri: prende il biglietto, se lo rigira un po’ tra le mani e attacca: “Bello viaggiare, eh?” Silenzio. Io, ancora addormentata: “Ehr...sì”. “Tirana, eh?”, senza accennare a restituirmi il biglietto. Lo guardo stralunata. Più che “Jawohl” con forzato entusiasmo la mia fantasia non riesce a partorire, e me ne vado un po’ dispiaciuta di non aver saputo cogliere l’attimo di profondo scambio culturale che avrebbe potuto nascere da quella conversazione antelucana.

Cos’avrà da offrire il prossimo aeroporto? Tirana, arrivo: stupiscimi!