mercoledì 9 aprile 2014

Inizia il viaggio! Chiacchiere da aeroporto...

Ed ecco che ritornano le avventure sparse di una musicista in viaggio!

Periodicamente mi torna la voglia di tenere un diario pubblico delle mie avventure a zonzo; so bene che è un progetto inesorabilmente destinato al fallimento o a una prematura fine causa incostanza della sottoscritta e/o sopraggiungere di nuove e mirabolanti idee altrettanto destinate al fallimento o a una prematura fine causa incostanza della sottoscritta e...eccetera.

Ma mi sono chiesta: e allora? Quando mi scappa la voglia di scrivere, non la tengo proprio.

Ovviamente scrivo per lo più scrivo cazzate, ma dato che è statisticamente provato che scrivere cose intelligenti aizza altri intelligenti ad aprire dibattiti non richiesti su qualunque argomento, che sia la deforestazione dell'Amazzonia o la ricetta della polenta uncia, ci rinuncio in partenza.

La voglia di scrivere e condividere i miei appunti -non richiesti- mi viene soprattutto quando sono in viaggio. E’ naturale, credo: siamo sempre portati per natura a confrontare abitudini, cercare stranezze e riferire aneddoti.

Oggi scrivo dall’aeroporto di Vienna: un superaccessoriato mega aeroporto dove passerei senza problemi tutta la giornata: ai gate oltre che le normali sedie troneggiano poltroncine e divanetti dove ci si può sdraiare, angoli con scrivania e separé per i computer addicted (guess who), prese di corrente ovunque per ricaricare telefoni e macchine fotografiche. E vorrei (AIUTO), vorrei veramente avere dei bambini per andare a giocare nella zona family, dove c’è un divano rotondo gigante, una parete intera con i cartoni, tappeti colorati e tavoli per disegnare!!
Se non fosse stato per la poliziotta acida che mi ha malamente apostrofato in lingua polaccungarica (mi rifiuto di credere che quello fosse austriaco, mi rifiuto) mi sarebbe sembrato di entrare in un centro commerciale superchic, ma più pulito, ordinato e con meno folla.
Le mie tre ore di attesa tra un aereo e l’altro sono così scivolate piacevolmente, impreziosite da una pausa pranzo con panino alle olive molliccio da otto euro annaffiato con acqua d’annata Evian da sei euro - il che mi ha ricordato la colazione da sceicco arabo (caffé e brioche, forse fatta con latte di dodo) pagata qualche ora prima a Lipsia.


Lipsia, l’aeroporto più desolato del pianeta. In realtà è bellissimo: intanto perché è a 15 minuti da casa, e poi perché è nuovo, scintillante e superefficiente. Solo che non c’è mai nessuno. Tanto che non hanno nemmeno ritenuto utile aprire un duty free, o un barettino o un giornalaio: una volta passati i controlli, sei loro prigioniero. Hai sete? Ca**i tuoi, dovevi pensarci prima. E ma l’acqua non me la fanno passare ai controlli...Ca**i tuoi uguale. Stamattina alle 6 poi il traffico passeggeri era talmente intenso che ogni singolo addetto ai controlli ha attaccato bottone con me con i pretesti più disparati. Tenerissimo il tizio che doveva solo controllare la carta d’imbarco per l’accesso ai nastri: prende il biglietto, se lo rigira un po’ tra le mani e attacca: “Bello viaggiare, eh?” Silenzio. Io, ancora addormentata: “Ehr...sì”. “Tirana, eh?”, senza accennare a restituirmi il biglietto. Lo guardo stralunata. Più che “Jawohl” con forzato entusiasmo la mia fantasia non riesce a partorire, e me ne vado un po’ dispiaciuta di non aver saputo cogliere l’attimo di profondo scambio culturale che avrebbe potuto nascere da quella conversazione antelucana.

Cos’avrà da offrire il prossimo aeroporto? Tirana, arrivo: stupiscimi!



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