venerdì 23 marzo 2012

Auf Wiedersehen, Tacheles!

E così, il Tacheles chiude definitivamente i battenti: un momento amaro per coloro che hanno sempre considerato questo luogo come un crogiolo un po' anarchico, un po' intellettuale, un po' genialoide ma assolutamente parte integrante di Berlino.

Nella mia breve visita alla città ci sono solo passata davanti, scoccandogli un'occhiata di apprezzamento e ammirazione con la tacita promessa di entrarci la prossima volta che avrei messo piede nella capitale. Tacheles è sempre stato sinonimo di libertà, volontà, condivisione: in una parola, Berlino.
La Berlino che ci piace vedere crescere giorno dopo giorno, quella distrutta e rinata dalle sue ceneri, quella che accoglie milioni di persone provenienti da mondi diversi, culture diverse, religioni diverse: la Berlino che tende la mano ai giovani, non con condiscendenza, ma con fratellanza, quella che vorresti ti dicesse "vieni, e trova il tuo spazio: ce la faremo insieme". E cosa c'è di più simbolico di un vecchio grande magazzino destinato alla demolizione, adottato e occupato da un gruppo di giovani artisti che lo eleggono propria casa dell'arte?

Da ventidue anni Tacheles ospita mostre, collettive, performance improvvisate e organizzate, installazioni spontanee e elaborate in anni di esperienza artistica. Ventidue anni. E' facile accostare, nel cuore, l'aggregazione spontanea degli artisti più disparati al crollo del muro di Berlino, avvenuto pochi masi prima: l'assioma arte/libertà è potente e vero.

E ora, il proprietario dell'immobile ha deciso che la masnada di artisti più o meno celebri che infestano i suoi corridoi devono sparire, massa improduttiva di lavativi che non producono denaro.
Come dargli torto? Se è casa sua, deciderà bene lui che farne. Ma l'amaro è difficile da mandare giù, soprattutto sapendo che il proprietario (una banca) ci farà un hotel di lusso.

Una sconfitta? Mai.
Tacheles risorgerà, da un'altra parte, con altri sostenitori, nuove opere d'arte e rinnovato vigore: ma un angolo del cuore pulsante di Berlino è stato calpestato, e forse per sempre. Per soldi.


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