giovedì 21 agosto 2014

Dove si conservano i ricordi

Bastano pochi chilometri per trovarsi immersi nella pace della natura.
Alla prima occhiata di sole, approfitto per convincere mia mamma a fare un giro con me da qualche parte. Convincere è una parola grossa in realtà, dato che prima che io possa finire di parlare lei è già con lo zaino in spalla!

La prima delle nostre gite ci porta alla Colma, una piccola località della quale conservo i ricordi di passeggiate familiari con nonna e varia cuginanza. Approfittiamo del sole (SOLE!!!) per goderci il caldo in un grande prato pieno di fiori con vista sulle montagne circostanti: l’anima si rigenera, grata di questi piccoli attimi di felicità. 
La nostra piccola passeggiata culmina in un favoloso agriturismo, nascosto e forse sconosciuto ai più, che forse proprio per questo mantiene un carattere genuino di familiarità. Arriva il dolce (mirtilli con gelato e rum, mmmm), e con esso un vecchietto che trasporta una fisarmonica: sotto il patio lo aspettano gli amici per cantare tutti assieme tra un grappino e un buon rosso, età media ottant’anni ed energia da vendere. 
Il fisarmonicista intona un canto del lago, Addio Lecco dice, forse un canto del dopoguerra? Il suo amico laghée dal volto affilato e gli occhi azzurrissimi lo segue senza indugio, trasformando la semplice melodia in un canto a due voci spiegate che prosegue per ore: cantano di belle lontane, di città, di gioventù e nostalgia, di vino e amicizia, di guerra e famiglia, chiosando di tanto in tanto massime immortali come “I terùn han inventà la musica” “Eh, minga el laurà però!”
Naturalmente non sfugge loro il mio sguardo ipnotizzato e mi invitano a cantare con loro, come resistere?

Ogni giorno ogni sera
chi beve il Barbera
sol si salverà!







Prossima gita, starring io, mami e papi. 
Tappa, una piccola località a meno di un’oretta da casa, dove la nonna Gina (bisnonna, in realtà) veniva in vacanza: Rezzago. 
Arrivare e respirare il profumo di ricordi sbiaditi della mia infanzia è tutt’uno: niente più che brandelli di immagini e sensazioni sfocate ma presenti riaffiorano alla vista di un lavatoio di pietra, di una ringhiera, del parcheggio vista valle: i punti di vista di una bambina che non sa ancora quanto quelle immagini torneranno a portarle un sorriso anni e anni dopo.

Arriviamo al Santuario di Campoé, e poi imbocchiamo il sentiero lastricato che porta alla Marinella. L’abbiamo sempre chiamata così e non sappiamo il perché, dato che ufficialmente si tratta dell’Agriturismo Enco di Rezzago.

Per me Marinella è associata nella memoria a profumo di sottobosco e funghi, panino col salame e muretti di pietra: quando ci arriviamo, i miei occhi si riempiono di quel luogo immutato negli anni, e quando arriva la proprietaria vedo che negli occhi di mia mamma accade lo stesso. La conosce, quella ragazza: era qui quando lei, insieme a nonna Gina, veniva a fare merenda da bambina alla Marinella. 
E insieme a lei, mentre gustiamo una grappa di amarene da capogiro, sua mamma: immutata e inattaccabile dallo scorrere del tempo, mentre i bambini di casa ci mostrano orgogliosi una spada e un fucile di legno e ci raccontano dei loro studi di flauto e violino.
Ogni giorno ogni sera
chi beve il Barbera
sol si salverà!







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